Terre e Talenti: Sara Biancolin

di Vittoria Penna

“Ho sempre pensato che la fotografia sia come una barzelletta, se la devi spiegare non è venuta bene”.

IMG-20200308-WA0005Risulta proprio essere questo il concetto che sigilla in modo esemplare la filosofia artistica di Sara Biancolin, una giovane fotografa piemontese che vive, ama e, letteralmente, respira arte.

Nata in una vera e propria casa d’artista, la giovane è cresciuta ammirando con la curiosità naturale dei bambini il mondo di Raffaello e Caravaggio e seguendo da vicino le esposizioni di mostre e lezioni d’arte sotto la guida della madre, pittrice di ceramica e porcellana.

Seguendo come un attento felino domestico il proprio gomitolo di lana, circospetto nell’avvicinarsi, ma spinto a seguire il più spontaneo istinto di gettarcisi a capofitto per affrontarlo coraggiosamente, così Sara si è approcciata all’enigmatico mondo artistico. Inizialmente, tentennante, si è affacciata alla finestra di quella realtà che tanto agognava sfiorando con le mani fanciullesche le pagine lucide dei libri di botanica, prestando attenzione non immediatamente alle istruzioni fitologiche, quanto alle illustrazioni ben congegnate di fiori e piante disegnati.

Pur seguitando nell’osservazione catartica delle creazioni materne, schiva il supporto scultoreo per prediligere quello cartaceo. Così la matita diventa quello strumento regolare, preciso e nello stesso tempo fiabesco per iniziare a imprimere indelebilmente i pensieri effimeri della mente.

Dopo aver sperimentato le tecniche che consentissero una rappresentazione meritevole del suo concetto artistico decide che non le risulta sufficiente un approccio dettato dalla semplice spontaneità priva di schemi e sceglie di iscriversi all’università preferendo la facoltà di Beni Culturali.

Ancora diciottenne ritiene di dover offrire alle sue abili mani un sostegno e fondamento culturale, un progetto di studio approfondito che desse credito alla pura inclinazione artistica innata, relegando l’attività pratica a puro vezzo privato e personale.

Sara ammette di non aver rimpianto la sua decisione, ritenendo la facoltà da lei prediletta la più completa, permettendo essa la conoscenza dei grandi maestri, unici virgili nell’indicazione delle giuste ispirazioni. L’università per la giovane è anche un luogo per imparare a diffondere il verbo artistico e può guidare lo studente nella propagazione di corrette informazioni per quanto riguarda un quadro, una scultura, un capitello.

Forte di questo apprendimento l’allievo dovrà poi affinare la capacità di guardare oltre le canoniche informazioni oggettive e vedere in quelle opere sopra citate una sensazione, valida arma nel coinvolgimento del pubblico.

La passione viscerale per la fotografia, tuttavia, nasce da un’esperienza al di là dell’obiettivo, Sara inizia, infatti, a posare per uno shooting fotografico vivendo quei momenti come importanti per la consapevolezza di sé con limiti e potenzialità.

Tra uno scatto e l’altro si rende conto di essere più affascinata dall’attività dell’individuo che regge la macchina, intento a trafficare senza sosta con un gomitolo intricato di strumenti, rispetto all’apparentemente limitato contributo espressivo che può trasparire dalle pose di una modella.

Rimembrando di possedere già i corretti mezzi pratici per varcare la soglia di questa realtà semisconosciuta, lascia che l’idea di sperimentare con gli obiettivi le pervada la mente. Si affida, dunque, ad un corso di fotografia dove si cimenta in generi molto diversi, dal ritratto alla street photography, ancora incerta sulla strada da percorrere, ma incentivata da questo mix di arte e scatti mai provato.

Capretta

Non ritenendosi ancora una professionista, la ragazza, non ha ancora sviluppato una netta preferenza per quanto riguarda i vari percorsi fotografici possibili, tuttavia, il modus operandi è già cristallino.

Sara infatti tenta di apprezzare e confrontarsi con le meraviglie accanto a lei, apprezzando la natura ed i paesaggi che trasmettono intuitività, asserendo che la bellezza della fotografia sia nella pura semplicità di ciò che è sopravvalutato e di cui, purtroppo si è persa traccia nel cercare sperimentalismi e innovazioni.

Stupirsi per il volo di una farfalla è un dettaglio che non può lasciarci indifferenti anche se siamo abituati al complesso, ci invita a non dimenticare la parte animale che è in noi e che davanti ad uno spettacolo naturale deve lasciarsi coinvolgere.

Il vivace interesse naturalistico che la contraddistingue  la guida nell’ammirazione della fotografia macro, la quale consente di cogliere  anche i più piccoli dettagli in maniera ravvicinata, per scattare l’elemento che di solito non osserviamo bene, come per esempio un piccolo insetto. L’idea che la conduce nell’attività fotografica è quella di lasciarsi ispirare da esseri quasi invisibili, trascurabili, di saper osservare, ma non passivamente, lasciando emergere sempre una parte di sé e trasferendola nello scatto.

I suoi paesaggi insegnano che non è necessario discostarsi dal proprio luogo di origine per poter ottenere una fotografia apprezzabile, o recarsi in paesi esotici per rubare lo scatto perfetto, anche grazie ad una passeggiata nei dintorni di casa nostra possiamo arraffare uno scorcio in grado di stupirci.

Sara è convinta che il Piemonte abbia gli ingredienti giusti per competere con le altre regioni, basti pensare ai parchi naturali e ai giardini in cui realizza la maggior parte dei suoi scatti oppure ai campi di lavanda nel cuneese, da lei più volte raffigurati in varie angolazioni e momenti della giornata come una contemporanea Monet.

Il sentimento per la propria terra è fondamentale per il successo della fotografia, ma anche indispensabile  per diffondere l’amore per le proprie origini. A suo avviso non manca nulla alla nostra regione per sentirsi in vetta all’attenzione fotografica, la maggior parte dei suoi scatti riguardano il Piemonte e continua l’elogio per il suo territorio affermando che, anche nell’eventualità di un  trasferimento, il suo lavoro la condurrebbe sempre a casa, soprattutto per quanto riguarda il paesaggio.

Non dimentichiamoci, tuttavia, che la regione pullula di contesti anche urbani e cittadini per chi è intenzionato a cimentarsi nella street photography, si pensi a Torino, la quale non risulta essere seconda a nessuno in quell’ambito.

Secondo la ragazza la fotografia permette di mostrare un oggetto, un elemento che un tempo era reale all’individuo che non ha mai conosciuto quella persona, non ha mai visitato quel luogo e, per quanto diversi fotografi immortalino uno stesso soggetto, lo scatto sarà sempre differente anche solo in poche labili sfumature  come noi esseri umani ci distinguiamo gli uni dagli altri per certe peculiarità.

Paesaggio da apertura di un rudere

Secondo la filosofia della giovane non vi è fotografia al mondo che possa essere data per scontata, uno scatto esiste per sempre immortalando anche quell’elemento lontano nello spazio e nel  tempo, il quale continua ad esistere vivendo come  una prova tangibile della realtà dei fatti.

In conclusione, come asseriva saggiamente Yann Arthus-Betrand, “La Terra è arte, il fotografo è solo un testimone”.

 

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